Giovani, la fuga di cervelli: 550.000 emigrati


Giovani, la Fuga di cervelli 550.000 giovani emigrati


Contesto attuale sintetizzato:

Le retribuzioni reali in Italia risultano significativamente meno competitive rispetto ad altri paesi Europei, in particolare Germania e Paesi Bassi, dove i salari medi offrono un maggiore potere d’acquisto.

Questa debole attrattiva si riflette anche nei flussi migratori: l’Italia intercetta solo il 6% dei giovani stranieri in cerca di opportunità formative e professionali, posizionandosi in fondo alla classifica europea per la capacità d’attrazione di talenti internazionali.

A gravare ulteriormente sul quadro occupazionale italiano è il cuneo fiscale, tra i più alti d’Europa, che incide pesantemente sia sul costo del lavoro per le imprese, sia sulla retribuzione netta percepita dai lavoratori.   

 

L’emigrazione giovanile: un segnale d’allarme per il sistema italiano

Uno dei trend più preoccupanti per il mercato del lavoro italiano è l’aumento costante dell’esodo giovanile verso l’estero: un fenomeno che, se non affrontato con politiche sistemiche, rischia di compromettere la capacità del Paese di rinnovare e sostenere la propria forza lavoro qualificata nel lungo termine.

Secondo il Rapporto CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) 2024, tra il 2011 e il 2023 circa 550.000 giovani italiani di età compresa tra i 18 e i 34 anni hanno scelto di emigrare all’estero.

Un dato che assume un valore ancora più critico se confrontato con il contesto europeo, dove l’Italia è all’ultimo posto in Europa per attrattività nei confronti dei giovani, accogliendo appena il 6% del totale dei giovani in mobilità contro il 34% della Svizzera e il 32% della Spagna.

Anche Istat conferma questa tendenza, registrando un aumento significativo degli espatri di cittadini italiani tra i 18 e i 39 anni: il flusso migratorio ha registrato un’accelerazione marcata nel post-pandemia, con valori quasi raddoppiati rispetto al 2010.

 

Le motivazioni dell’esodo giovanile

Le ragioni che spingono i giovani a lasciare l’Italia sono molteplici e strutturali:

  • Migliori opportunità professionali e formative
  • Accesso a servizi più efficienti e moderni
  • Potere d’acquisto più alto e migliori condizioni di vita
  • Contesto percepito come più meritocratico e dinamico, con maggiori prospettive di crescita professionale

Come sottolineato anche nel Rapporto Excelsior 2024, l’Italia fatica a trattenere e ancor più ad attrarre giovani talenti, a causa di una combinazione di fattori: il mismatch tra competenze richieste e competenze possedute; il calo demografico e una reputazione negativa del sistema lavoro diffusa tra i giovani.

 

Retribuzioni: un confronto

Per comprendere meglio il quadro competitivo europeo, è utile osservare i dati comparativi sulle retribuzioni lorde nominali e reali dei giovani lavoratori, ovvero quelli nella fascia tra i 25-30 anni, calcolate tramite il Database ODM Consulting e normalizzate utilizzando l’indice PLI (Price Level Index on Actual Individual Consumption, dati Eurostat 2023).

Retribuzioni Nominali Lorde medie 2024 e indice dei prezzi (PLI)

Country Retribuzioni Nominali Lorde 2024 PLI
Italia 26.843 € 0,98424
Francia 28.505 € 1,09081
Germania 37.843 € 1,09028
Paesi Bassi 34.874 € 1,21114
Spagna 21.821 € 0,91090

 

Dalla comparazione emerge che:

  • Germania e Paesi Bassi offrono le retribuzioni reali più alte, anche a parità di costo della vita

 

Il cuneo fiscale e la pressione contributiva

Secondo il Rapporto OCSE 2025, la situazione italiana sul fronte fiscale appare particolarmente gravosa per lavoratori e imprese.

Il cuneo fiscale, ovvero la differenza tra costo totale del lavoro per l’azienda e retribuzione netta percepita dal lavoratore, si conferma tra i più alti d’Europa.

Nel 2024, quasi il 47,1% del salario lordo di un lavoratore single senza figli è assorbito da imposte e contributi — oltre 12 punti percentuali in più rispetto alla media OCSE.

Ecco i dati di alcuni degli altri Paesi:

  • Germania: 47,9%
  • Francia: 47,2%
  • Spagna: 40,6%
  • Paesi Bassi: 35,1%

Sul versante aziendale, la quota di contributi a carico del datore di lavoro in Italia è pari al 24%, superiore a Paesi come:

  • Germania (16,8%)
  • Paesi Bassi (10,8%)
  • Vicina a Francia (26,7%) e Spagna (23,4%).

Ciò significa che in Italia il lavoro costa molto alle imprese ma rende poco ai lavoratori, con un impatto diretto sulla competitività del sistema Paese e sulla retention dei talenti.

 

Il nostro commento:

L’emigrazione giovanile è la conseguenza diretta di molti dei problemi evidenziati: stagnazione retributiva; percezione di scarse opportunità; lentezza nella crescita professionale e ambiente di lavoro che non risponde alle esigenze reali. Tali elementi, uniti al confronto retributivo con altri paesi europei, sebbene parzialmente (non considera tassazione e welfare) spiegherebbero il fenomeno della “fuga di cervelli” che impoverisce il capitale umano del paese.

 

Cosa cerca la Gen Z sul posto lavoro?

Alcuni dati:  

Il 57% dei lavoratori italiani si dichiara complessivamente soddisfatto del proprio impiego, ma allo stesso tempo aperto a valutare opportunità professionali. Si tratta di una soddisfazione “condizionata” che riflette una crescente attenzione verso la qualità dell’esperienza lavorativa più che la sola stabilità.

Tra i valori più ricercati sul posto di lavoro emergono tre dimensioni chiave: l’identità, ovvero la possibilità di riconoscersi nei valori della cultura aziendale; l’impatto sociale, cioè il contributo positivo generato dal proprio lavoro; e le relazioni umane, intese come qualità dei rapporti con colleghi e manager.

Quanto alla figura del leader ideale, i lavoratori delineano un modello di guida capace di coniugare tre elementi fondamentali: equilibrio nelle decisioni e nella gestione del team; sapere, ovvero competenze solide e visione ed infine desiderio autentico, motivazione e capacità d’ispirare.

 

Comprendere e ingaggiare la Generazione Z: insight dalla nostra ultima survey

In un contesto lavorativo sempre più dinamico, complesso e frammentato, le organizzazioni sono chiamate a ridefinire i propri modelli di gestione delle persone per rispondere alle nuove esigenze delle generazioni emergenti.

La Generazione Z, ovvero i nati tra il 1997 e il 2012, rappresenta oggi una delle sfide più strategiche per chi si occupa di risorse umane.

ODM Consulting ha condotto, a settembre 2024, una survey su un panel rappresentativo di 1.500 lavoratori italiani, segmentato per: generazione; genere e inquadramento professionale. L’indagine restituisce una fotografia precisa delle aspettative, dei driver motivazionali e delle priorità che guidano oggi la relazione tra le persone – in particolare i più giovani – e il lavoro.

 

Più mobilità, meno attaccamento: la sfida della retention sulla Gen Z

I dati sono espressivi: il 57% degli appartenenti alla Generazione Z afferma di essere soddisfatto del proprio lavoro, ma di essere comunque aperto a nuove opportunità professionali.

Grafico Giovani: la fuga di cervelli

 

Questo dato, nettamente superiore a quanto registrato tra le generazioni precedenti (Millennials – Gen Y, Gen X e Baby Boomers), segnala un cambiamento strutturale nella psicologia del lavoro dei più giovani: la fedeltà aziendale non è più un valore in sé, ma una conseguenza di condizioni percepite come eque, trasparenti e stimolanti.

La percentuale di chi si dichiara insoddisfatto e attivo nella ricerca di un altro impiego è invece simile tra tutte le generazioni e si attesta tra il 10% e il 12,5%. Tuttavia, è la disponibilità alla mobilità a rendere la Gen Z particolarmente fluida e difficile da trattenere.

 

Un nuovo concetto di ricompensa: il Total Reward secondo la Gen Z

Ai partecipanti alla survey è stato chiesto di ripartire idealmente il proprio pacchetto di Total Reward. La Generazione Z ha dimostrato una forte propensione per una visione più olistica della ricompensa, assegnando un peso significativo anche ad aspetti non monetari: sviluppo professionale; clima organizzativo; benefit; welfare e wellbeing. Questi risultati riflettono il crescente desiderio di una relazione lavoro-persona più equilibrata e sostenibile.

Quando si guarda alle singole leve di ricompensa, i più giovani mettono al primo posto il tema dell’equità retributiva – sia interna che rispetto al mercato – e a seguire la trasparenza e la personalizzazione del pacchetto retributivo. Tuttavia, chi lavora in aziende dove il modello Total Reward è già in uso, lo valuta solo con un 5,4 su 10, segnalando ampi margini di miglioramento nell’efficacia delle strategie di compensation integrata.

Leve total reward 1946 – 1964
(Baby boomers)
1965 – 1979
(Gen X)
1980 – 1994
(Gen Y)
Dal 1995
(Gen Z)
Retribuzione fissa e variabile 46,80 46,08 40,31 37,90
Benefit, Welfare e Wellbeing 19,02 19,03 20,71 20,94
Sviluppo e crescita 17,95 18,34 21,00 23,33
Ambiente di lavoro (spazi, tempi, smartworking, clima, relazioni) 20,41 20,26 21,93 23,28

 

Oltre il salario: cosa motiva davvero la Gen Z

Il sostegno economico resta tra le priorità per tutte le generazioni, ma per la Gen Z emergono chiaramente anche altri fattori determinanti:

  • Realizzazione personale e identità
  • Relazioni sociali
  • Crescita delle competenze e creatività

Significativa è anche la percentuale di giovani (9%) che individua nel “Contributo alla collettività e al bene comune” il senso principale del proprio lavoro – il valore più alto registrato tra tutte le generazioni. In particolare, tra i giovani uomini, le “relazioni sociali” salgono al secondo posto (25,4%), a conferma dell’importanza attribuita a un ambiente lavorativo umano, collaborativo e inclusivo.

Senso del lavoro 1946 – 1964
(Baby boomers)
1965 – 1979
(Gen X)
1980 – 1994
(Gen Y)
Dal 1995
(Gen Z)
Contributo alla Società/Bene Collettivo 6,86% 5,45% 7,14% 9,00%
Crescita Competenze e Creatività 10,29% 6,25% 5,95% 10,50%
Realizzazione Personale e Identità 22,29% 21,63% 24,40% 24,00%
Relazioni Sociali 6,86% 12,98% 17,66% 20,50%
Senso di Realizzazione e Successo 3,43% 4,17% 4,76% 7,00%
Sostentamento e Sicurezza Economica 50,29% 49,25% 40,08% 29,00%

 

Leadership secondo la Gen Z: i nuovi codici valoriali

Un dato particolarmente interessante dell’indagine riguarda la visione della leadership da parte dei giovani. Alla domanda: “Qual è la parola che vorresti guidasse il tuo responsabile nel 2025?”, le risposte più frequenti sono state:

  • Equilibrio – inteso come attenzione alla persona nella sua interezza, capacità di valorizzare il bilanciamento tra vita privata e lavorativa, promozione del benessere psicofisico
  • Sapere – visto come scambio virtuoso e generativo di conoscenze, apertura alla contaminazione di idee, valorizzazione della learning organization
  • Desiderio – la leadership come attivatore di senso e visione, in grado di stimolare miglioramento personale, etico e professionale

Dalla lettura dei dati segmentati per genere emergono due ulteriori parole chiave:

  • Per gli uomini: coraggio, ovvero la capacità del leader di affrontare sfide e promuovere l’innovazione, senza temere l’errore o il cambiamento
  • Per le donne: responsabilità, intesa come attenzione all’impatto sociale e ambientale del lavoro e al coinvolgimento condiviso nelle scelte organizzative

 

Il nostro commento:

La Generazione Z mostra una maggiore propensione a cercare un equilibrio tra vita privata e lavoro, un ambiente positivo, opportunità di crescita, flessibilità e un impiego che rispetti i valori e le competenze personali. La mancanza di equità retributiva, di prospettive di crescita, di partecipazione alle scelte organizzative e di un contesto di benessere diffuso, sono fattori che possono portare a un turnover più elevato.

 

 

 

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